IL BLOG


IL MOVIMENTO REALE AL FOTOFINISH CON LO STATO DI COSE LATENTE.


mercoledì 13 dicembre 2017

martedì 5 settembre 2017

Osemdeseta – I lunghi anni ’80 e l’eredità del 1989 [I parte]

Nel corso del 2017, la Moderna galerija di Ljubljana ha organizzato un ciclo di importanti mostre che illustrano la peculiarità degli anni ’80 in Slovenia e in Jugoslavia. Tra la morte di Josip Broz e la caduta del muro di Berlino intercorre una fase carica di premonizioni in cui è possibile cogliere in filigrana i profondi cambiamenti politico-sociali che hanno plasmato il presente. Elementi fondamentali per la comprensione del nostro tempo giacciono appunto in quegli anni, e la Jugoslavia del dopo-Tito – in particolare – costituisce un ambito di studio formidabile per capire gli sviluppi che avrebbero successivamente investito l’Europa e l’Occidente. Le questioni drammatiche che sono andate a specificarsi allora sono infatti le stesse che attualmente dominano la contemporaneità: il complesso  rapporto tra Stato e sovranità, i conflitti tra lavoro e capitale globale, le relazioni tra democrazia ed economia, i contatti tra politica e arte.

Dal 1980, diversi movimenti artistici tentarono energicamente in Jugoslavia di trascendere la parabola del socialismo al crepuscolo e le circostanze sociali in cui l’arte risultava ancora implicata, tanto criticando direttamente la situazione politica di allora, quanto cercando di sviluppare un mercato dell’arte. Artisti e lavoratori impiegati nei settori culturali divennero catalizzatori per nuovi fenomeni artistici e sociali. Si aprirono nuovi spazi urbani che divennero presto luoghi d’incontro per l’elaborazione di azioni politiche e culturali in grado di investire la società a tutti i livelli e trasversalmente. Uno di questi centri, luogo di attrazione per molti giovani artisti e teorici, fu certamente la Galerija ŠKUC di Ljubljana. Tale spazio divenne un laboratorio per mettere alla prova nuove prospettive attraverso la manipolazione di media differenti, dirigendo nel contempo il tiro della critica sulla sclerotizzata cultura istituzionale e sulle teorie impolitiche del modernismo. 


A Maribor, a Koper e in altre città, la cosiddetta “alternative scene” andava rafforzandosi anche grazie all’apporto di giornali come Tribuna e di riviste come Mladina e Problemi. Le persone coinvolte vedevano le proprie attività strettamente connesse a una pratica intrinsecamente socializzante e collettiva. Lo scopo era quello di stabilire una differenza tra sé e le politiche culturali mainstream, espressioni dell’ideologia dominante, evitando nello stesso tempo l’emarginazione, e anzi cercando di ottenere un riconoscimento sociale e politico. Particolarmente illustrativo di tale volontà fu l’evento-festival Homoseksualnost in kultura (1984).

Furono dunque anni febbrili quelli che scandirono il decennio della lenta disintegrazione della federazione jugoslava: un arco temporale costellato da paradossi, eclettismi, trasformazioni, confronti duri con le vecchie strutture di potere; anni di crisi economica e politica, anni di entusiasmante creazione di nuovi paradigmi, di costruzione di ponti tra l’arte istituzionale e gli spazi dell’insorgente (sub) cultura alternativa, nella consapevolezza anti-dogmatica del profondo nesso che sempre lega la dimensione estetica alla prassi politica. Moltissimi furono i contributi dati allo sviluppo di questo passaggio culturale, dagli scritti teorici della “nuova sinistra” ai gruppi post-strutturalisti; dai circoli lacaniani ai movimenti femministi. Un elemento che teneva insieme una tale congerie di produzioni eterogenee era il comune spirito di rivolta aizzato contro l’egemonia culturale del tempo. D’altro canto, il sistema politico ammetteva una certa critica, al fine di proiettare pubblicamente un’immagine di sé positiva e tollerante.

(Fine prima parte) 
                                                                                                                    

Fonti: Osemdeseta/ the Eighties – Petek, 21. Aprila 2017. Izdala Moderna galerija, Ljubljana.

Qui la seconda parte

martedì 8 agosto 2017

ἀρχή


Estate 2017
Humachina ha intrapreso un viaggio di solo ritorno.
Come il fuoco d'artificio, i cui frammenti illuminano in caduta il percorso compiuto.

lunedì 3 luglio 2017

A voi tutti!


Compagni, Camerati,

Poiché tutto è eternamente sul punto di accadere ed è già accaduto,

in occasione del VII annuale di Humachina,

per individuare i grandi progressi fatti registrare 
anche quest'anno dalle umane civiltà,

si rinnova l'invito

allo sviluppo collettivo del documento Osservatorio permanente [Zeitgeist], con integrazione dei vostri nuovi preziosi commenti-contributo [che verranno pubblicati con link ai vostri siti].

Humachina non ha infatti estensione superiore al volume delle vostre risposte, ed essa non avrà mai torto fintantoché voi continuerete ad avere ragione.

Inserite i vostri commenti-contributo al presente post, questi saranno poi progressivamente integrati nell'Osservatorio permanente


Tenacemente,
Humani Instrumenta Victus

domenica 28 maggio 2017

Brixia f.


Brescia, come città propriamente detta, come polis e spazio politico, non esiste. Le sue piazze non sono luoghi d’incontro, bensì corridoi di transito per collegare un centro commerciale all’altro, “mura o navi vuote di uomini” spazzate oggi dai venti dell’ideologia del decoro urbano e della gentrificazione. Brescia è un gigantesco outlet. Chiesa, caccia e crematistica sono infine le tre “c” che ne qualificano impietosamente l’essenza.

Come contravveleno, la colonna lombarda del collettivo Humani Instrumenta Victus/Humachina prende ufficialmente posizione in merito all’annosa questione che tutt’oggi divide la cittadinanza bresciana, dichiarandosi entusiasticamente d’accordo a ricollocare la statua del Dazzi in Piazza della Vittoria – suo spazio originario –, a patto di abbatterla subito dopo con selvaggio impeto e con qualsiasi mezzo.

Il rito dovrà ripetersi puntualmente ogni 25 aprile, allo scopo di rivitalizzare lo spirito della nostra Costituzione. Nei trecentosessantaquattro giorni successivi si provvederà con scrupolo alle operazioni di restauro, che saranno portate a termine senza badare a spese, poiché la qualità del tempo della festa non si lascia reificare e grettamente convertire in quantità monetaria.

Ogni atto inaugurale di nuovo diritto è atto necessariamente violento, e la perdita graduale di tale consapevolezza nel tempo deve essere letta come sicuro decadimento delle attuali istituzioni liberaldemocratiche. La violenza iconoclasta, periodicamente diretta contro la statua Era fascista (popolarmente nota come Bigio), costituirà dunque non una banale rammemorazione della vittoria storica sul nazifascismo, bensì la concreta e festosa ripresentificazione dell’evento stesso di liberazione con cui gli italiani, più di settanta anni fa, stabilirono quale nuova forma dovesse assumere la propria esistenza politica.

Siamo nettamente contrari alla museificazione, poiché operazione pilatesca, imbelle e pusillanime di neutralizzazione pubblica. Opzione che oggi, 28 maggio, si presenta ancora più pavida e filistea. 

martedì 25 aprile 2017

Ovunque garrisca il Tricolore!



Bratje Italijani!

Italija se je prebudila,
s Scipionovo čelado
si je okrasila glavo.
Kje je Zmaga?
Naj se ji prikloni,
saj kot sužnjo Rima
jo je ustvaril Bog.


Postrojimo se v kohorte,

pripravljeni smo na smrt.
Pripravljeni smo na smrt,
Italija nas je pozvala.

Stoletja smo bili

zatirani in zasmehovani,
ker nismo en narod,
ker smo razdeljeni.
Naj nas ena zastava
in eno upanje združi.
Napočil je čas,
da združimo moči.


Združimo se, ljubimo se,

zveza in ljubezen
razkrivata ljudem
Gospodovo pot.
Zaprisežimo se svobodi
svojega naroda:
kdo nas more, zaboga,
združene premagati?


Od Alp do Sicilije,

povsod je Legnano;
vsakdo kot Ferruccio
ima srce, ima roko,
otrokom Italije
je ime Balilla;
zvok vsake trobente
je klic k Vesprom.


To šibje zmaguje

nad prodanimi sabljami:
avstrijski orel
je že izgubil perje.
Kri Italije,
kri Poljske,
je pil skupaj s kozaki,
a mu je požgala srce.



giovedì 13 aprile 2017

Blu di Prussia


"Questo è un giorno triste perché i britannici hanno deciso per iscritto di lasciare la Ue, una scelta che rimpiangeranno un giorno".

mercoledì 15 marzo 2017

Giulio Mazzarino


Prenda pur volentieri per se altri tutta la stima; 
tu va in traccia per te d'una ferma, e robusta potenza.

lunedì 6 marzo 2017

Ευθανασία



Morale per medici – Il malato è un parassita della società. In una certa condizione è indecente vivere più a lungo. Il continuare a vegetare in codarda dipendenza dai medici e dalle pratiche loro, poi che è andato perduto il senso della vita, il diritto alla vita, dovrebbe attrarre su di sé un profondo disprezzo nella società. 

I medici, dalla loro parte, dovrebbero essere gli intermediari di tale disprezzo – niente ricette, bensì ogni giorno una nuova dose di schifo per i loro pazienti… Creare una nuova responsabilità, quella del medico, per tutti i casi nei quali l’interesse supremo della vita, della vita ascendente, richiede che si reprima e si sopprima senza alcun riguardo la vita degenerante – ad esempio per il diritto alla procreazione, per il diritto di nascere, per il diritto di vivere… Morire con fierezza, se non è possibile vivere con fierezza. 

La morte, scelta liberamente, la morte effettuata nel tempo giusto, con chiarezza e gaiezza, in mezzo a figli e a testimoni: in maniera che sia ancora possibile un reale congedo, quando chi si congeda sia ancora presente, come pure una reale valutazione di quanto si è conseguito e voluto, una somma della vita tutto questo in contrasto con quella meschina e orrenda commedia che il cristianesimo ha fatto dell’ora della morte. 

Non si deve mai dimenticare che il cristianesimo ha abusato della debolezza del morente per violentarne la coscienza, e del modo medesimo di morire per dare giudizio di valore sull’uomo e sul suo passato! – Qui si tratta, malgrado tutte le viltà del pregiudizio, soprattutto di fissare il giusto, ossia fisiologico apprezzamento della cosiddetta morte naturale: la quale, tutto sommato, è anche essa solamente una morte “innaturale”, un suicidio. Non si perisce mai a motivo di altro, ma di se stessi. Soltanto che la morte nelle condizioni più disprezzabili è una morte non libera, una morte in un tempo sbagliato, una morte da vili. 

Si dovrebbe, per amore della vita, - volere una morte diversa, libera, cosciente, senza casi fortuiti, senza sorprese… 

Infine un consiglio ai signori pessimisti e altri décadents. Noi non abbiamo nelle nostre mani il potere di impedire di venir generati: ma possiamo riparare a tale errore – poiché talvolta è un errore. Quando ci si sopprime, si fa la cosa più degna di stima che si dia: con questo, quasi si merita di vivere… La società, ma cosa dico! La vita medesima ha più giovamento da ciò che da una qualsiasi “vita” vissuta nella rinuncia, nella clorosi e in altre virtù – si è liberato gli altri dalla propria vita, si è liberato la vita da un’obiezione… 

Il pessimismo, pur, vert, si dimostra in primo luogo attraverso l’autoconfutazione dei signori pessimisti: si deve proseguire nella sua logica, non solamente negare la vita con la “volontà e rappresentazione”, come ha fatto Schopenhauer… Il pessimismo, detto per inciso, per quanto sia così contagioso, ciò malgrado non incrementa complessivamente la morbosità di un’epoca, di una generazione: esso ne è l’espressione. Si è esposti a esso, come si è esposti al colera: si deve di già essere abbastanza predisposti a esso. Il pessimismo medesimo non produce alcun décadent in più, rammento i risultati della statistica secondi cui gli anni in cui infuria il colera non si differenziano dagli altri in relazione all’ammontare globale dei casi di morte.

[F. Nietzsche, Crepuscolo degli idoli]

giovedì 23 febbraio 2017

Rivincita del Sole


1. “Die Kunst, das ist, Sie erinnern sich, ein marionettenhaftes, jambisch-fünffüßiges und – diese Eigenschaft ist auch, durch den Hinweis auf Pygmalion und sein Geschöpf, mythologisch belegt – kinderloses Wesen.” (Paul Celan, Meridian, S.2). In un’ora imprecisata e crepuscolare del tempo della fine avanza a passi incerti l’automa spettrale dell’arte d’avanguardia. Ha una sorprendente somiglianza con la figura marionettesca descritta da Celan in Meridian. Si agita freneticamente e, come ai tempi di Danton, maledice senza fine la teatralità di Robespierre, colpevole di essere diventata solo una crudele e dannata istituzione. Poi la triste marionetta si accascia non dando più segni di vita e lasciando senza risposta l’enigma di quelle maledizioni, che indicavano nell’arte come istituzione il male radicale, la materia perversa dell’arte. [...]

[Matarrese, F., Sul declino dell'arte d'avanguardia, prosegue qui]

lunedì 13 febbraio 2017

Μυθολογία


Abbiamo imparato dalla storia degli ultimi anni che ci potrebbe essere un'Europa a differenti velocità e che non tutti parteciperanno ai vari passi dell'integrazione europea.
[Fraus Merkel]

L’Europa, dopo Jünger, non è nulla più che “una peculiare opportunità per i Tedeschi”.
[Karl Löwith]

venerdì 10 febbraio 2017

Bazovica



Onore alle vittime di Basovizza:

Ferdo Bidovec, Fran Marušič, 
Zvonimir Miloš, Alojzij Valenčič

mercoledì 25 gennaio 2017

Sempre in Movimento, sostare è retrocedere


Cercavamo una porta per uscire. Eravamo prigionieri del buio. Pensavamo di non farcela. Ci avevano detto che le finestre e le porte erano murate. Che non esisteva un'uscita. Poi abbiamo sentito un flusso di parole e di pensieri che veniva da chissà dove. Da fuori. Da dentro. Dalla rete, dalle piazze. Erano parole di pace, ma allo stesso tempo parole guerriere. Le abbiamo usate come torce nel buio, come chiavi da girare nella serratura per andare altrove, in posti sconosciuti, verso noi stessi. 

E ora siamo fuori, siamo usciti nella luce e non ci siamo ancora del tutto abituati. Stringiamo gli occhi e, anche se sappiamo che stiamo percorrendo l'unica via possibile, abbiamo qualche timore, ed è normale, ma lo slancio vitale del popolo italiano non fu e non sarà mai fermato.

Quello che sta succedendo ora in Italia non è mai successo prima nella storia delle democrazie moderne. Noi rappresentiamo un principio nuovo nel mondo, una rivoluzione democratica, non violenta, che sradica i poteri, che rovescia le piramidi. Il cittadino che si fa Stato ed entra in Parlamento in soli tre anni. Quello che abbiamo fatto è importante, ma per noi è più importante quello che faremo.

Abbiamo capito che eravamo noi quella porta chiusa, che le parole guerriere erano da tempo dentro di noi, ma non volevano venire fuori, pensavamo di essere soli e invece eravamo moltitudine. Il numero è potenza, e adesso siamo sorpresi che così tante persone, a noi del tutto sconosciute, avessero i nostri stessi pensieri, le nostre speranze, le nostre angosce. 

Ci siamo finalmente riconosciuti uno nell'altro e abbiamo condiviso parole guerriere. Parole che erano state abbandonate da tempo, di cui si era perso il significato, sono diventate delle armi potenti che abbiamo usato per cambiare tutto, per ribaltare una realtà artificiale dove la finanza era economia, la menzogna era verità, la guerra era pace, la dittatura era democrazia.

Parole guerriere dal suono nuovo e allo stesso tempo antichissimo, come comunità, onestà, partecipazione, solidarietà, sostenibilità si sono propagate come un'onda di tuono e sono arrivate ovunque annientando la vecchia politica, perché la più profonda eloquenza è nei fatti.

Siamo diventati consapevoli della realtà, poiché il popolo italiano ascolta le parole, ma giudica dai fatti. Sappiamo che possiamo contare solo sulle nostre forze, che il Paese è in macerie e che quello che ci aspetta sarà un periodo molto difficile e non si dovrà aver paura di aver coraggio. Ci saranno tensioni, problemi, conflitti, ma la via è tracciata, fermarsi significa retrocedere.

L'abbiamo trovata questa via e ci porta verso il futuro, un futuro forse più povero, ma vero, concreto, solidale e felice. Tanto maggiori sono gli ostacoli e tanto più precisa e diritta deve essere la nostra volontà di superarli. Noi non siamo gli imbalsamatori di un passato, siamo gli anticipatori di un avvenire.

C'è una nuova Italia che ci aspetta. Sarà bellissimo farne parte, l'intero secolo sta innanzi a noi.

B.

lunedì 23 gennaio 2017

Rifugiati, rispettate il Pane


Il campo è zona d’indifferenza fra pubblico e privato e, insieme, matrice nascosta dello spazio politico in cui viviamo.
Il rifugiato, spezzando il nesso fra uomo e cittadino, diventa, da figura marginale, fattore decisivo della crisi dello Stato-nazione moderno.
[Giorgio Agamben, Mezzi senza fine]

Il ministro degli Interni Minniti ha anticipato la sua strategia per le prossime settimane, spiegando che l’intenzione del governo è di arrivare all’apertura di un Cie in ogni Regione che possa far fronte all’esigenza di tenere sotto controllo gli irregolari evitando, come spesso è accaduto sinora, di doverli lasciare andare proprio perché non ci sono strutture in grado di trattenerli come invece prevede la legge. 
[Corriere della Sera – 16 dicembre 2016]

Chiediamo tempi rapidi per le risposte sulle richieste di asilo, risorse certe, rispetto delle quote stabilite e lavoro obbligatorio gratuito per i migranti. 
[presidente di Anci Veneto, Maria Rosa Pavanello] 

Se il rifugiato rappresenta, nell’ordinamento dello Stato-nazione, un elemento così inquietante, è innanzitutto perché, spezzando l’identità fra uomo e cittadino, fra natività e nazionalità, esso mette in crisi la finzione originaria della sovranità. Singole eccezioni a questo principio erano, naturalmente, sempre esistite: la novità del nostro tempo, che minaccia lo Stato-nazione nei suoi stessi fondamenti, è che porzioni crescenti dell’umanità non sono più rappresentabili al suo interno.
Per questo, in quanto, cioè, scardina la vecchia trinità Stato-nazione-territorio, il rifugiato, questa figura apparentemente marginale, merita di essere, invece, considerato come la figura centrale della nostra storia politica.
È bene non dimenticare che i primi campi furono costruiti in Europa come
spazio di controllo per i rifugiati, e che la successione campi di internamento-campi di concentramento-campi di sterminio rappresenta una filiazione perfettamente reale.
Una delle poche regole cui i nazisti si attennero costantemente nel corso della «soluzione finale», era che solo dopo essere stati compiutamente denazionalizzati (anche di quella cittadinanza di seconda classe che
spettava loro dopo le leggi di Norimberga), gli ebrei e gli zingari potevano essere inviati nei campi di sterminio.
Quando i suoi diritti non sono più diritti del cittadino, allora l’uomo è veramente sacro, nel senso che questo termine ha nel diritto romano arcaico: votato alla morte.
[Giorgio Agamben, Mezzi senza fine]

lunedì 16 gennaio 2017

Da una élite all'altra


We shall go on to the end. We shall fight in France, we shall fight on the seas and oceans, we shall fight with growing confidence and growing strength in the air, we shall defend our island, whatever the cost may be.

[W. Churchill, 4 June 1940]


Within our mandate, the ECB is ready to do whatever it takes to preserve the euro. And believe me, it will be enough. 

[M. Draghi, 26 July 2012]